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LA CISTI FOLLICOLARE

D.A. Di Stefano, R. Vinci, M. Pasi, E.F. Gherlone, F. Giuzio

Introduzione
■ Le cisti follicolari si riscontrano frequentemente a carico dell’angolo mandibolare in associazione con l’inclusione del terzo molare. La parete cistica deriva dalla degenerazione della porzione pericoronaria del follicolo dentario e per questo possono essere chiamate anche cisti pericoronarie. Tipico di questa neoformazione è la netta demarcazione della cisti tutto intorno alla sola corona dentaria, mentre dal confine amelo-cementizio la radice assolutamente extracistica ha rapporto di continuità anatomica con l’osso circostante. Radiograficamente appare come una trasparenza uniloculare con corona dentaria intracistica e radici extracistiche; tale netta disposizione aiuta per la diagnosi differenziale con le cisti radicolari e germinali. Istologicamente la parete è formata da epitelio squamoso derivante dall’epitelio residuo dello smalto del dente incluso, il quale riveste un sottile strato di connettivo. Il suo contenuto è normalmente siero-viscoso, con rare note di cementosi.

Tecnica chirurgica

1. Pianificazione radiologica pre-operatoria
Le cisti follicolari sono sempre associate all’inclusione dentaria. Si manifestano più frequentemente intorno al dente del giudizio inferiore, raramente sul canino mascellare, e ancor meno sul premolare mandibolare, di conseguenza esse possono essere considerate a tutti gli effetti come una complicanza delle inclusioni dentarie.

La figura 1 mostra la visione ortopantomografica dell’elemento 38 incluso in mesio-versione con importante area di radiotrasparenza uniloculare circonferenziale alla corona dentaria. La figura 2 mostra un particolare del III quadrante dove meglio si apprezzano i limiti della lesione.

Alla visione TAC Dentascan (figg. 3, 4) si possono apprezzare con precisione i limiti espansivi della neoformazione con rimaneggiamento delle corticali ossee, e perforazione linguale. Da notare con attenzione nella figura 3 lo spostamento subito dal canale mandibolare (CM) durante le fasi di crescita della lesione senza determinare parestesia da compressione.
Il riassorbimento osseo, coinvolgendo le radici del dente 37, ne ha causato la perdita della vitalità con conseguente indicazione alla terapia canalare (fig. 5).

 


2. Incisione e scheletrizzazione

Dopo avere scolpito un lembo muco-periosteo intrasulculare a spessore totale, si scheletrizza l’area di interesse chirurgico. I limiti saranno dall’elemento 36 mesialmente, fino al punto di risalita dell’angolo mandibolare distalmente, vestibolarizzando l’incisione (fig. 6), in modo che la futura sutura cada su osso integro.
Durante le fasi di incisione è consigliabile mantenere sempre il contatto tra la lama del bisturi e il tavolato osseo, allo scopo di meglio preservare l’integrità dei tessuti molli: la conservazione della membrana periostale riduce il sanguinamento intraoperatorio e l’edema post-operatorio. Si disegnano i margini della futura breccia ossea con matita dermografica così da evitare durante le manovre chirurgiche di perdere i riferimenti.

 

3. Osteotomia
Si scolla il lembo fino alla linea obliqua esterna inferiormente, e proteggendo e divaricando con una spatola malleabile i tessuti (fig. 7) si procede alla realizzazione della breccia ossea con strumento rotante o piezoelettrico (fig. 8).

Utilizzando quest’ultima tecnica è possibile eseguire linee osteotomiche molto accurate e sottili, riducendo al minimo la perdita di substrato osseo.

L’esecuzione delle linee osteotomiche è a bisello esterno: ciò impedisce, in fase di ricostruzione, la possibile caduta dello sportello osseo all’interno della cavità.

 

4. Avulsione e revisione cavitaria
Le dimensioni e la forma del tassello osseo (fig. 9) dovranno essere compatibili con la dimensione del dente da estrarre, permettendo un’avulsione che non sia invasiva per le strutture dure e molli (fig. 10). Grande attenzione va posta alla revisione strumentale della cavità residua dall’exeresi cistica, utilizzando leve curve, cucchiai alveolari e lo stesso strumento piezoelettrico con le apposite punte lavoranti (fig. 11). Essa dovrà essere eseguita con perizia date le presenze vascolo-nervose (canale mandibolare, nervo linguale, arteria e vena mandibolare).
Eseguita l’exeresi, è da notare la netta posizione della parete cistica sul confine amelo-cementizio del dente incluso, inglobando la sola corona immersa in un contenuto siero-viscoso (figg. 12, 13).
Rifiniti i margini della cavità è possibile riposizionare il tassello osseo, ritrovando congruità con la sua posizione originaria e garantendo così un’adeguata stabilità primaria. La fissazione è ottenuta mediante una vite di osteosintesi di adeguata lunghezza (fig. 14); tale procedura, che stabilizza il coagulo formatosi all’interno della cavità, favorirà le fasi osteogenetiche con una più rapida e sicura ossificazione.
La conservazione del tassello osseo di accesso e il suo impiego a copertura della breccia chirurgica consente, da un lato, una guarigione primaria dei tessuti molli sovrastanti la lesione scongiurando la caduta e l’invaginazione della mucosa, e, dall’altro lato, una più rapida ossificazione della cavità cistica.

5. Sutura e guarigione
Si procede alla sutura con punti staccati in seta, restituendo un giusto accollamento dei lembi (fig. 15).

Dopo aver eseguito una radiografia di controllo panoramica (fig. 16), la paziente può essere dimessa con adeguata copertura farmacologica e avendo cura, nelle ore immediatamente seguenti l’intervento chirurgico, di mantenere ben refrigerata la parte.

 

6. Controlli
A distanza di una settimana si procede alla rimozione della sutura.

Dopo 6 mesi, in seguito a radiografica di controllo (fig. 17), verificata la neoformazione ossea in fase attiva, non essendo più necessaria l’osteosintesi, si decide per la rimozione della vite mediante una piccola incisione lineare, mirata a esporne la testa.

Divaricando e proteggendo il tessuto molle con uno scollaperiostio, grazie al cacciavite dedicato, si procede allo svitamento (fig. 18). Si esegue la sutura, da rimuovere a 5 giorni.

A distanza di 1 anno si procede a nuova radiografia di controllo (fig. 19) dalla quale si può apprezzare la quasi totale restitutio ad integrum, con formazione di trabecolature ossee e lamina dura intorno alle radici dell’elemento 37.